Libri che tornano (e un po’ di racconto)

La foto che mi ha mandato Ale Ortenzi da Bagno Vignoni ritrae la copertina del libro “La bicicletta da corsa” in una bancarella dell’esposizione (l’ultima foto è mia, della libreria di Varese). Quello che vedete è il primo libro che ho scritto con quel titolo per Hoepli. In qualche modo si rivelò “pionieristico” e colpì nel segno.

Quando l’editore mi chiese di pensare a qualcosa che parlasse di varie tipologie di bicicletta da spiegare con spunti tecnici aveva in mente la bicicletta come oggetto totale, comprendente tutto il mondo a pedali dell’universo conosciuto.

Mi chiesero un parere su come vedessi i libri del momento presenti nelle librerie, e di farmi un’idea di cosa potesse mancare sul tema. Così da colmare la lacuna.

C’erano libri generici in effetti e quelli mirati sulla bicicletta da corsa, pur interessanti, erano datati a mio parere. Alcuni erano traduzioni di libri esteri.

Ci voleva un libro dedicato solo alla bicicletta da corsa, materiale ce n’è quanto ne volete, chiarii subito.

Erano un po’ perplessi, a dire il vero, sul parlare solo della bicicletta da corsa trascurando le altre. Li convinsi mandandoli su Cyclinside, il giornale on line che avevo creato dopo essermi licenziato da una redazione con aria stagnante. Cyclinside era molto giovane ma aveva una struttura importante: avevo diviso la bicicletta da corsa secondo tutti i temi tecnici, approfondendo ogni singolo argomento con altre pagine che si andavano a ramificare sempre di più.

Erano i miei appunti di quando lavoravo nella redazione del giornale, messi in ordine e in bella. Quando mi chiesero un’ipotesi di indice, per capire se potesse essere una cosa interessante o meno, non feci altro che riprendere l’albero delle directory di Cyclinside.

Peraltro, in quella prima versione, Cyclinside era realizzato con un CMS proprietario che sviluppava i contenuti proprio a ramificazioni visive (nel backoffice). Veloce e semplice anche se povero di funzioni che pian piano si capivano necessarie.

Il libro, per tornare alla foto mandata dall’Ale, è stato pubblicato nella primavera del 2010. In copertina una foto del Mondiale di Ciclismo di Varese (che ancora non era la “mia” città) che avevo scattato durante la prova iridata.

Con le pagine andai molto oltre il numero preventivato dall’editore e già mi stavo preparando a un lavoro doloroso di taglio e sfoltimento quando dalla casa editrice mi dissero: “no, lascia tutto così. Se ha senso è un peccato buttarlo via, ci piace”. Furono dei grandi, ero abituato diversamente e io li ringraziai con una seconda edizione, cinque anni dopo, ancora più corposa che “digerirono” ritoccando un po’ il prezzo di copertina.

La bicicletta cresceva e l’interesse dei lettori pure. Al punto che quelle prime due edizioni pian piano andarono verso l’esaurimento e si cominciò a parlare della terza.

Il resto è storia recente. Anche se confesso un mio ritardo cronico preso da mille cose e, anche qui, apprezzai l’editore sempre pronto a ripartire anche quando, ormai, temevo un sicario ad aspettarmi di nascosto. Evitavo i luoghi isolati.

Il nuovo libro ha visto la luce il 9 maggio 2025. Data bella perché era il giorno esatto della partenza del Giro d’Italia anche se, in realtà, io, quel giorno, ero nel pieno di una vacanza in ospedale per un intervento urgente e doloroso (risolto tutto, tranquilli).

In questi dieci anni di gestazione e rimuginamenti sul libro la bicicletta si è evoluta così tanto da dover ripensare completamente anche la struttura del volume.

Ora ha la copertina gialla, rigida e a rilievo che lo ha fatto promuovere da “manuale” a “coffee table book”. Insomma, è diventato più elegante e prezioso di quel libro che hanno messo vicino a Calimero. “Sei tu”, ha detto Ale Ortenzi nel vocale perculatorio di accompagnamento. E sì, ci sta. Con tutti quei ritardi le ho fatto sudare più di una camicia (lei ha fatto da editor fortunata).

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