L’intervista a “uno normale” finisher alla Trans AM Bike Race

Alberto Vaghi ha usato la parola “abitudine” per dire del suo andare in bicicletta. È una parola d’altri tempi nel ciclismo. Oggi si usa “allenamento”, che sa di programmazione, preparazione. Abitudine, invece, è uno stile di vita, un modo di essere e affrontare le cose.

Uno così abituato a pedalare che, appena finito il lockdown era partito subito per un giro nelle sue zone, attorno a Ivrea: 400 chilometri. Mostrando la traccia di quel percorso aveva commentato semplicemente con un “mi sono tolto la voglia”.

Abitudine alla bici.

È quello che serve per una prova come la Trans Am Bike Race, una pedalata che taglia in due l’America come un prestigiatore la signorina nella cassa. Sono quasi settemila chilometri da fare nel tempo che si può, durante giorni di ferie che non sono infiniti. Alberto ha raccontato delle centinaia di chilometri in salita e centinaia di strada perfettamente dritta.

E io che già non sopporto la fettuccia di Terracina.

In una prova così la preparazione fisica non è forse nemmeno la cosa più importante. Conta la testa per non mollare, anche la capacità di sapere quando fermarsi a riposare, per non sfinirsi. E poi anche i contatti, pure virtuali, durante il viaggio.

Con un gruppo di amici abbiamo una chat comune dove Alberto ci raccontava giorno per giorno il suo viaggio, mentre lo seguivamo come una pedina del Risico sulla mappa che non stava dentro una schermata unica. Fatica e gioia e a volte il viso tirato dalla disperazione di temere di non farcela. Valeva tutto per tirare su il morale, a partire dalle prese in giro di chi cercava di immaginare bordelli vicino a dove si fermava. Ma intanto lo spingevamo come si poteva.

Pensate che nell’ufficio della figlia avevano persino allestito una sala riunioni col megaschermo per seguirne le tracce man mano che il gps aggiornava la posizione.

E poi a brindare, finalmente sul traguardo. Una birretta l’avevo stappata anche io, bella scusa, mentre Alberto ci mostrava l’Oceano Atlantico.

Poi sono andato a trovarlo per una chiacchierata.

E Alberto si è raccontato come persona normale, con l’ “abitudine” a pedalare.

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